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OMS e FAO: improbabile che il glifosato sia cancerogeno. Istituto Ramazzini: un disastro istituzionale e ecologico, serve una ricerca indipendente

OMS e FAO: improbabile che il glifosato sia cancerogeno. Istituto Ramazzini: un disastro istituzionale e ecologico, serve una ricerca indipendente
Maggio 18, 2016NewsBelpoggierbicidaglifosato

Io e il mio gruppo di ricerca siamo rimasti increduli alla notizia che la commissione congiunta sui residui dei pesticidi FAO/OMS ritenga improbabile la cancerogenicità del glifosato. Non si tratta solo di negare la pericolosità di un composto chimico diffuso su tutto il globo e probabilmente cancerogeno, bensì di sconvolgere l’intero assetto istituzionale che garantisce ai cittadini una corretta valutazione del rischio chimico, eseguita con una metodica ormai consolidata da decenni di riscontri e conferme.

L’unica valutazione trasparente che è stata finora compiuta sul glifosato è quella della IARC, la branca dell’OMS che si occupa di valutare le sostanze cancerogene. A partire dagli anni ’70, i criteri sono sempre stati gli stessi per circa 1.000 composti valutati. La classificazione di un composto come probabile cancerogeno ha sempre implicato una seria limitazione del suo uso attraverso misure regolatorie, anche quando non si è arrivati al bando totale.

Ci sono stati troppi casi in cui dalla classificazione IARC “probabile cancerogeno” si è passati a quella di gruppo 1 “cancerogeno riconosciuto” per l’uomo solo perché, purtroppo, a distanza di tempo ( anche di 10-30 anni) sono stati confermati gli effetti contando i morti per quella causa. Esempi di questo tipo sono fra gli altri la formaldeide e la trielina (tricloroetilene).

Non dobbiamo ripetere gli errori del passato. Non possiamo ignorare e addirittura smentire in maniera secca e senza giustificazioni scientifiche un allarme preciso della IARC, come ha fatto la commissione congiunta sui residui dei pesticidi FAO/ OMS. Nel caso dell’OMS, addirittura smentendo sé stessa.

Cosa fare nel frattempo? È possibile giungere al bando del glifosato in Italia? La diffusione dell’erbicida è tale che anche chiudendo le frontiere sarebbe impossibile garantire che il glifosato non arrivi sulle nostre tavole. Il bando di un composto con un così grande impatto deve essere globale, non è efficace un bando nazionale soprattutto perché è impossibile monitorare tutte le derrate alimentari in entrata. Al bando globale ci si può arrivare solo con la certezza della cancerogenicità del glifosato.

Ecco perché insisto sulla necessità di una ricerca finalizzata al chiarimento di tutti i rischi che ancora non fossero ben definiti dalle ricerche eseguite finora. In particolare, sugli effetti cancerogeni delle basse dosi e gli effetti tossici diversi dal cancro che finora non sono stati adeguatamente investigati.

L’Istituto Ramazzini ha appena iniziato uno studio sperimentale pilota per validare il metodo di dosaggio più adeguato per monitorare la presenza di glifosato nei liquidi biologici (sangue, urina, latte materno) e valutare i rischi correlati al glifosato a dosi paragonabili a quelle attualmente ammesse nell’uomo sia negli USA che in Europa (dosi oggi considerate senza rischio), somministrato per 90 giorni. In particolare con questo studio verranno valutati gli effetti sullo sviluppo, la fertilità e le possibili alterazioni della microflora intestinale che oggi noi sappiamo essere molto importante per l’equilibrio metabolico e immunitario. I risultati saranno disponibili entro fine anno.

Lo studio pilota è propedeutico allo studio integrato a lungo termine di tossicologia riproduttiva-neurotossicità-cancerogenesi (della durata di tre anni) che vorremmo iniziare entro la metà del 2017. Tale studio indipendente sarebbe inoltre in grado di chiarire alcuni aspetti rilevanti sui quali si sono basati i differenti giudizi di IARC, commissione OMS/FAO ed EFSA, con indubbio contributo alla prossima valutazione della Commissione Europea e agli Stati Membri sul rinnovo dell’autorizzazione.

I governi stanno cercando di prendere tempo autorizzando il rinnovo della licenza per un periodo 7-10 anni contro i 15 richiesti. In attesa dei risultati del nostro studio (della durata di 3-4 anni), sarebbe auspicabile l’adozione di limiti più restrittivi nel rispetto del principio di precauzione (TFUE art 191).

Per lo studio verrà utilizzato un modello uomo equivalente (dosi come quelle ammesse nell’uomo: ADI americana e ADI europea); l’esposizione inizierà durante la gestazione delle madri; saranno valutati gli effetti tossici anche in termini di espressione genica e i parametri relativi alla fertilità, ai difetti dello sviluppo, ai trend di crescita. Si valuteranno eventuali effetti sul sistema nervoso e verranno valutate le eventuali differenze dell’incidenza dei tumori correlate al trattamento con glifosato.

Qualunque sia il risultato dello studio dell’Istituto Ramazzini, la agenzie regolatorie e i policy-makers avranno a disposizione risultati solidi e indipendenti su cui basare un’adeguata e definitiva valutazione del rischio.”

 

Dott.ssa Fiorella Belpoggi
Direttrice del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni

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