Covid-19 e inquinamento, l’appello del Ramazzini
Nell’ambito del proprio ruolo di Cooperativa sociale, al servizio dei cittadini e della salute pubblica, l’Istituto Ramazzini esorta le Istituzioni ad adottare tempestivamente adeguate misure preventive per i lavoratori e per la popolazione generale, in modo da contenere i rischi associati all’infezione da COVID-19.
Louis Pasteur, padre della moderna teoria dei germi delle malattie, metteva in guardia più di cento anni fa: “Le germe n’est rien, c’est le terrain qui est tout” (“il germe non è niente, il terreno è tutto”) (Selye 1956). Il “terreno” comprende il tessuto infettabile e un ambiente attorno che permetta la replicazione del germe. Infatti, la replicazione di ogni germe richiede delle condizioni molto specifiche: un tessuto infettabile, la presenza di sostanze necessarie alla replicazione dei germi, l’assenza di sostanze che inibiscano o uccidano il germe, la temperatura, l’umidità, ecc.. Ma allorché tutte queste condizioni si verifichino, e cioè quando il ‘terreno’ è idoneo, avviene rapidissimamente la replicazione del germe con un’efficienza drammatica, a spese dell’ospite. Se i tessuti e l’organismo ospiti sono in condizioni normali, in presenza di un sistema immunitario funzionale, l’ospite sarà tendenzialmente più resiliente agli effetti negativi dell’infezione. Viceversa, l’immunodepressione e certe condizioni preesistenti nell’ospite possono predisporre drammaticamente all’insorgenza e all’esito più severo della maggioranza delle infezioni. La storia della salute professionale e ambientale ha confermato troppo spesso il ruolo fondamentale dell’ambiente nel favorire le patologie infettive acute e croniche (da virus, batterio, fungo, ecc.): la silicosi aumenta fino a quattro volte il rischio della tubercolosi attiva (ICOH 2018); il fumo aumenta fino a due volte il rischio di ricovero in ospedale (Godoy et al. 2016) e riduce l’efficacia del vaccino antiinfluenzale (Godoy et al. 2017); l’inquinamento dell’aria aumenta fino a due volte il rischio della polmonite in bambini (Dherani et al. 2008) e in adulti (Neupane et al. 2010). Bernardino Ramazzini, nel 1701, pubblicò il De Morbis Artificum Diatribae dove per la prima volta l’ambiente di lavoro o lo stile di vita furono messi in relazione con le malattie.
Il 30 dicembre del 2019, il dott. Li Wenliang ha inviato un messaggio ad un gruppo di colleghi medici, segnalando l’eventuale insorgenza a Wuhan, provincia di Hubei in Cina, di una malattia che assomigliava alla sindrome SARS. Li è stato infatti uno dei primi a riconoscere la comparsa del nuovo coronavirus 2019 (Covid-19) a Wuhan. Il 30 gennaio del 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato tale esplosione come Emergenza per la Pubblica Sanità di Interesse Internazionale o pandemia. Al 23 aprile 2020 sono ormai 2,6 milioni i contagi ufficiali da coronavirus nel mondo, mentre i decessi hanno superato i 184 mila, i guariti 717.444. Non sappiamo quanti siano gli asintomatici, veicolo di infezione. Nel complesso il 45% dei ricoveri in ospedale e l’80% delle mortalità associate al COVID-19 hanno interessato gli adulti di ≥65 anni, con la percentuale più elevata di esiti nefasti fra le persone di ≥85 anni (Bialek et al. 2020). Gli individui a rischio più alto di morte o patologia severa comprendono le persone già affette da condizioni quali l’ipertensione, il diabete, la malattia cardiovascolare, quella cronica respiratoria ed il cancro (WHO 2020).
L’Agenzia Ambientale Europea (EEA) ha rilevato che alcune delle condizioni associate al più elevato rischio di COVID-19, come quelle croniche ai polmoni e al cuore, vengono notoriamente accresciute dalla lunga esposizione all’inquinamento dell’aria. Nonostante gli eventuali miglioramenti attuali nella qualità dell’aria riscontrati in certe zone a causa delle misure di contenimento del coronavirus, le persone affette da queste condizioni preesistenti, e con lunga esposizione all’inquinamento dell’aria, possono diventare ancora più vulnerabili in questo periodo (EEA 2020). Il rapporto tra inquinamento dell’aria e mortalità da infezioni di tipo coronavirus (SARS) è stato valutato in passato (Cui et al. 2003). I pazienti SARS provenienti da regioni con API (Air Pollution Index) moderato avevano un rischio di morire di SARS aumentato dell’84% rispetto a quelli di regioni con bassa API (RR = 1.84, 95% CI: 1.41-2.40). Allo stesso modo, i pazienti SARS provenienti da regioni con alto API avevano il doppio di probabilità di morire di SARS rispetto a quelli di regioni con bassa API (RR = 2.18, 95% CI: 1.31-3.65). Una correlazione analoga è risultata dall’analisi basata su una lunga esposizione all’inquinamento dell’aria (Cui et al. 2003).
Un sistematico esame retrospettivo delle indicazioni attualmente disponibili sul COVID-19 e il fumo ha dimostrato che i fumatori sono 1,4 volte più propensi (RR=1.4, 95% CI: 0.98–2.00) a contrarre i sintomi severi del COVID-19 (Vardavas e Nikitara 2020). Inoltre, i fumatori hanno una probabilità 2,4 volte più alta di essere ricoverati in terapia intensiva, di abbisognare di ventilazione meccanica o di morirne, rispetto ai non-fumatori (RR=2.4, 95% CI: 1.43–4.04) (Vardavas e Nikitara 2020). Il fumo è stato associato in precedenza a mortalità aumentata e esito più grave correlati ad altre infezioni da coronavirus, quali MERS e SARS (Nam et al. 2017).
Recentemente la materia particolata (PM) è stata considerata come vettore per diversi virus (Chen et al. 2017), mentre alcuni report preliminari associano la diffusione del COVID-19 all’inquinamento da PM (Setti 2020). L’assorbimento del virus COVID-19 su polveri aeree e materia particolata potrebbe contribuire anche al trasporto del virus di lungo raggio (Società Italiana Medicina Ambientale, 2020). Perciò occorrono indagini sull’assorbimento, sulla sopravvivenza e sul comportamento del virus COVID-19 a contatto con la superficie della materia particolata, per capire il ruolo dell’aria inquinata nella trasmissione del COVID-19 stesso (Qu et al. 2020).
(Questo documento è stato consegnato alla Commissione Territorio e Ambiente del Consiglio comunale di Bologna)
BIBLIOGRAFIA
Selye H. 1956. The stress of life.
SIMA, 2020 (Covid-19). Available online http://www.simaonlus.it/?page_id=3413